Dopo quasi un anno di indagini serrate e approfondite, l’Autorità austriaca per la concorrenza ha annunciato ufficialmente la chiusura del procedimento contro l’associazione proPellets Austria, e ha stabilito che gli aumenti del prezzo del pellet registrati nel 2022 sono stati causati unicamente dalle turbolenze del mercato globale e non da attività di “cartello” tra i produttori
L’indagine dell’Autorità federale austriaca per la concorrenza nei confronti di proPellets Austria aveva preso il via nel 2022 in seguito all’aumento dei prezzi del pellet, in base al sospetto che tali rialzi fossero stati artificiali e predeterminati. L’accusa speculativa ha causato un notevole danno d’immagine al settore del pellet e l’archiviazione del procedimento rappresenta un momento importante e positivo di chiarezza. Nel comunicato stampa rilasciato da proPellets Austria, il suo rappresentante, Christian Rakos, si è detto lieto che i sospetti siano stati confutati in modo inequivocabile e che la fiducia delle famiglie che si scaldano a pellet è ben riposta, in termini tanto ambientali quanto economici.
Le indagini sono giunte alle stesse conclusioni già note al settore del pellet: gli aumenti dei prezzi hanno interessato tutta Europa e sono stati innescati dalla guerra in Ucraina che ha portato a una riduzione significativa della disponibilità di pellet a causa delle sanzioni economiche imposte alla Russia e, contestualmente, a un forte ed improvviso aumento della domanda di pellet per la paura di interruzioni nelle forniture d’energia. Inoltre, la contrazione dell’offerta e l’aumento della domanda si sono sommati alle difficoltà logistiche del periodo post-pandemico. Di conseguenza, i prezzi sono più che raddoppiati praticamente in tutti i Paesi europei.
In realtà, la “tempesta perfetta” del mercato ha innescato anche conseguenze positive: come previsto, i nuovi livelli di prezzo hanno stimolato in tutta Europa lo sviluppo di nuove linee di produzione e d’insacco, anche in Paesi tipicamente dipendenti dai flussi di importazione, come l’Italia. Infatti, nel 2022 gli impianti di produzione di pellet certificato ENplus® in Italia sono aumentati da 35 a 42 e i livelli produttivi nazionali hanno segnato un notevole +13%, mentre gli investimenti finanziari per l’avvio di nuovi impianti produttivi in Austria hanno raggiunto i 300 milioni di Euro. In prospettiva, questo contribuirà ad aumentare notevolmente la sicurezza degli approvvigionamenti e a normalizzare le dinamiche di mercato.
Nel frattempo, la situazione del mercato è andata raffreddandosi: già ad aprile 2023 i prezzi erano scesi rapidamente e le quotazioni tendevano ai livelli pre-crisi, mentre a settembre 2023 i prezzi apparivano stabili e non ci sono elementi che suggeriscano un nuovo rialzo durante la stagione termica 2023-2024, come invece accadrà fisiologicamente al gas naturale.
Va infine ricordato che, in Italia, anche la riduzione al 10% dell’aliquota IVA sulle compravendite di pellet ha contribuito a ridurre il prezzo finale del pellet. In proposito, la filiera legno-energia chiede a gran voce la riconferma di questa misura anche nel 2024, per un insieme di (buone) ragioni che vanno dal contrasto alla povertà energetica alla lotta ai fenomeni elusivi collegati alle cosiddette “frodi carosello”, dalla stabilizzazione del mercato degli apparecchi domestici alimentati a pellet, al rispetto del principio di neutralità tecnologica e alla riduzione del divario impositivo tra bioenergie e altri combustibili utilizzati nel riscaldamento domestico.