Lo shock dei prezzi energetici e le ricadute su legna e pellet

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Le tensioni internazionali legate al conflitto ucraino e lo shock dei prezzi energetici che ne è seguito hanno avuto importanti e profondi riflessi anche sul mercato dei biocombustibili legnosi, in particolare di pellet e legna da ardere. Il forte e continuo rialzo dei prezzi del gas naturale, unitamente alle crescenti preoccupazioni sugli approvvigionamenti per la prossima stagione invernale, stanno spingendo molti consumatori verso soluzioni alternative per il riscaldamento delle proprie abitazioni e attività commerciali, nel tentativo di contenere la spesa e di garantire il proprio fabbisogno energetico.

La domanda di biocombustibili legnosi ha quindi registrato un’impennata a livello nazionale ed europeo, proprio in un momento in cui il mercato stava già cercando di adattarsi e reagire ad alcune difficoltà che affliggevano l’offerta di materiale. Questo ha fatto sì che, fin dalla primavera, si siano susseguiti forti aumenti nei prezzi dei biocombustibili che, nel caso del pellet, hanno portato il costo al dettaglio su valori ormai più che doppi, quando già non tripli rispetto a quelli dell’anno scorso. La dinamica rialzista è altrettanto evidente per la legna da ardere, sebbene con valori momentaneamente più contenuti. Al rialzo dei prezzi si è poi associata anche la crescente difficoltà nel reperire il materiale sul mercato

L’aumento della domanda, lo shock dei prezzi energetici e un livello d’offerta complessivamente impreparato a reagire alle forti sollecitazioni esterne, hanno scatenato una “tempesta perfetta” determinata da molte concause.

La guerra in Ucraina è uno dei driver principali delle attuali difficoltà di mercato: il bando alle importazioni di materie prime e prodotti legnosi di origine russa e bielorussa (incluso il pellet), determinato dalle sanzioni europee, ha causato una contrazione repentina della disponibilità di pellet in Europa pari a circa 3 milioni di tonnellate e al 10-15% dei consumi annuali italiani. Inoltre, è fortemente aumentata la competizione intra-europea per l’approvvigionamento di pellet a cui è seguita una riorganizzazione complessiva dei flussi commerciali che ha sfavorito particolarmente quei Paesi, come l’Italia, le cui quote d’importazione prevalgono nettamente sulla produzione nazionale. Alcuni Paesi, come la Bosnia Erzegovina, l’Ungheria e la Serbia, hanno addirittura varato misure protezionistiche a tutela dei propri mercati interni, limitando o azzerando le esportazioni. All’aumento della competizione interna al segmento domestico del mercato del pellet si è aggiunta quella altrettanto grave con il settore industriale: a causa dello shock internazionale dei prezzi energetici i grandi impianti nord-europei di produzione elettrica e di cogenerazione hanno aumentato l’impiego di biomasse, più convenienti rispetto ad altri vettori energetici, riducendo la disponibilità di pellet per il comparto domestico e causandone il rialzo nei prezzi per effetto di dinamiche competitive.

La congiuntura negativa vissuta dal mercato dei prodotti legnosi segati e semi-lavorati, inoltre, ha portato a una riduzione delle disponibilità di materia prima necessaria alla produzione di pellet (segatura) e ad un contestuale rialzo nei suoi prezzi d’acquisto. Questi, a cascata, si scaricano sui costi di produzione del pellet, sommandosi agli aumenti dei costi energetici (la produzione di pellet è un processo energivoro), a quelli degli elementi meccanici, degli imballaggi e, più in generale, del forte processo inflattivo. L’associazione proPellets Austria ha stimato che i costi di produzione del pellet sono aumentati di oltre il 40% rispetto all’anno scorso. All’aumento dei costi concorre anche la logistica di distribuzione delle merci che sconta ancora alcune conseguenze pandemiche e problemi strutturali di non facile risoluzione, incluse la scarsità di autotrasportatori (acuita dalla guerra ucraina) e alcune distorsioni del commercio mondiale – eclatante è l’esempio dei costi di movimentazione dei container via nave dal Sudamerica, aumentati del 700%.

Sul lato della domanda, le vendite di apparecchi a pellet e legna hanno recentemente registrato trend fortemente positivi, anche alla luce delle politiche per il superamento della dipendenza dalle fonti energetiche fossili adottate in diversi Paesi – in particolare Francia e Austria. Anche le aspettative e il comportamento del mercato e dei consumatori hanno concorso ad aggravare la dinamica rialzista dei prezzi: sull’onda dell’incertezza sugli approvvigionamenti energetici invernali, si registrano fenomeni di acquisto di materiale in quantità maggiori di quanto non sia sufficiente a scaldare la propria abitazione.

In generale, la disponibilità all’acquisto ha raggiunto livelli inattesi e la domanda si mantiene ancora elevata nonostante le attuali quotazioni di mercato siano, di fatto, senza precedenti.

In sintesi, mentre da un lato la domanda europea si è sviluppata velocemente, dall’altro l’offerta è stata travolta dalle tensioni internazionali e le associazioni europee del pellet ritengono che il processo di adattamento del mercato (grazie all’aumento dei livelli produttivi) si protrarrà anche oltre la prossima stagione termica. È peraltro difficile ipotizzare una repentina normalizzazione delle attuali condizioni di mercato: infatti, è ragionevole attendersi che gli operatori (trader, grossisti, rivenditori) che si sono esposti economicamente in modo consistente per sostenere l’acquisto e la distribuzione di biocombustibili legnosi vorranno valorizzare il proprio rischio d’impresa e il capitale investito anche qualora l’attuale dinamica rialzista dovesse finalmente subire dapprima un rallentamento e poi una regressione.

Ciononostante, i biocombustibili legnosi mantengono la propria convenienza rispetto alle fonti fossili: recenti elaborazioni dimostrano la convenienza economica data dal riscaldamento a pellet, con un risparmio del 30% sui costi finali dell’energia rispetto al metano.

In questo complicato scenario globale, i biocombustibili legnosi (in primis il pellet) si sono progressivamente trasformati in vere e proprie commodities energetiche i cui meccanismi di mercato, inclusi i livelli di prezzo, sono regolati sia da dinamiche interne al proprio comparto, sia dai più ampi andamenti dei mercati energetici internazionali. Paradossalmente, le attuali tensioni nei prezzi e l’attuale sottodimensionamento dell’offerta di biocombustibili legnosi affondano le proprie radici in un processo di transizione energetica che, finora, non ha espresso a pieno le proprie potenzialità. In proposito, è significativo che il gas naturale veniva apertamente individuato come “elemento di continuità” per garantire la sostenibilità economica della transizione ecologica in Italia.

Quali sono le soluzioni possibili per contribuire a risolvere il problema? La prima, nel breve termine, in grado di portare immediato sollievo alle famiglie, aumentando anche la competitività degli operatori italiani sui mercati internazionali, è quella di riportare l’aliquota IVA sulle compravendite di pellet in Italia al 10%, cioè al livello vigente prima che la Legge di Bilancio 2015 ne disponesse l’aumento al 22%. Tra l’altro, considerandone la fattibilità economica, con base imponibile più che raddoppiata, dimezzare l’Iva non avrebbe effetti negativi per l’Erario rispetto ai livelli del 2021.

A lungo termine, invece, e quindi con un approccio di tipo strutturale, è importante promuovere e sostenere lo sviluppo di filiere di produzione nazionale per ridurre quella dipendenza dalle importazioni di biocombustibili che espongono il mercato italiano alle fluttuazioni e alle dinamiche internazionali. Questo è possibile, in primis, stimolando una selvicoltura attiva e sostenibile finalizzata ad aumentare i livelli di prelievo in foresta, in linea con quanto definito dalla Strategia Forestale Nazionale di recente emanazione, e in secondo luogo favorendo lo sviluppo dell’industria di prima lavorazione del legno, i cui scarti di produzione possono essere ulteriormente valorizzati trasformandoli in biocombustibili legnosi (pellet, cippato e legna da ardere).

Questo articolo è comparso martedì 13 settembre 2022 su RiENERGIA.