Tre buoni motivi per riportare l’IVA sul pellet al 10%

IVA sul pellet
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Abbassare l’IVA sul pellet dal 22 al 10% è una misura essenziale sotto il profilo economico, sociale ed ambientale soprattutto in questi tempi di crisi energetica in cui l’uso di una risorsa rinnovabile come il legno ha un valore intrinseco irrinunciabile

Con la legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) è stato introdotto l’aumento dell’aliquota IVA sul pellet che è passata dal 10 al 22% (mentre per la legna da ardere è rimasta invariata al 10%). L’Italia è diventata così uno dei Paesi europei con la più alta aliquota su questo combustibile.

Se è vero che la durata e le conseguenze dell’invasione in Ucraina sono difficili da prevedere, è altresì vero che è quanto mai necessario ed urgente avviare delle politiche che da un lato salvaguardino i consumatori e dall’altro riducano le dipendenze dall’estero.

IVA sul pellet al 10% contro la povertà energetica

Per combattere la povertà energetica che purtroppo riguarderà più una parte sempre meno trascurabile delle famiglie italiane in questo momento di crisi energetica, la riduzione dell’aliquota IVA sul pellet porterebbe un immediato sollievo economico. È importante ricordare come le biomasse legnose impiegate nel settore del riscaldamento residenziale in forma di legna da ardere, pellet e cippato, siano la principale fonte energetica rinnovabile impiegata nel nostro Paese, utilizzata da oltre un quarto delle famiglie italiane.

Contrasto all’evasione fiscale

Nel lungo termine riportare l’IVA sul pellet al 10% consentirebbe, inoltre, di ridurre i fenomeni elusivi ed evasivi che si sono potuti constatare negli ultimi anni.

Infatti, dagli ultimi dati disponibili appare evidente che l’incremento dell’Iva sul pellet abbia avuto come effetto collaterale negativo anche un progressivo aumento dei fenomeni di evasione fiscale, nonché l’insorgere delle cosiddette «frodi carosello». Inoltre, è opinione diffusa tra gli operatori del settore che questo malcostume sia in continuo aumento, sia per numerosità delle aziende coinvolte sia in termini economici. Con ciò si è determinato che le maggiori entrate che avrebbero dovuto generarsi grazie all’aumento dell’aliquota sul pellet non si siano di fatto mai realizzate e purtroppo invece si sia intaccato il livello di legalità di un mercato tradizionalmente «povero» e caratterizzato da limitati margini economici per gli operatori.

Fattibilità economica

Sul fronte della fattibilità economica, a seguito dell’aumento del prezzo del pellet e, conseguentemente, con base imponibile più che raddoppiata, dimezzare l’Iva non avrebbe effetti negativi per l’Erario rispetto ai livelli del 2021. Si tratterebbe quindi di una misura a costo zero per lo Stato.

Va ricordato, infine, che l’urgenza e la necessità di ripristinare l’aliquota Iva agevolata per il pellet ha trovato ampio risalto sulla stampa nazionale negli ultimi mesi. Inoltre, è notizia recente che alcuni Paesi dell’Unione europea come Spagna e Croazia hanno ridotto l’aliquota sul pellet. In Spagna l’Iva è stata portata dal 21% al 5% e in Croazia, attraverso due differenti azioni politiche, prima dal 25% al 13% e successivamente dal 13% al 5%.

Sono questi i motivi per cui AIEL chiede al Governo il ritorno dell’IVA sul pellet al 10% all’interno della prossima Legge di Stabilità, come misura di tipo strutturale che concorra a rilanciare tutta la filiera economica dell’energia dal legno.