Lo scorso 14 marzo sulla pagina di Milano del Corriere della Sera è stato pubblicato un articolo dal titolo «Smog, gli effetti della guerra in Ucraina: Aumentato l’uso di stufe a pellet, polveri più tossiche» a firma di Gianni Santucci. AIEL, ritiene importante contestualizzare alcune delle affermazioni contenute nell’articolo affinché l’informazione sul tema sia più equilibrata e consapevole della complessità del tema.
Consumi, apparecchi ed emissioni sono da anni in calo, secondo i dati ufficiali
Il consumo di combustibili legnosi, il numero di impianti a biomasse installato e le emissioni di PM2.5 e PM10 sono in calo da anni. Il numero complessivo degli apparecchi in Italia è calato del 10% dal 2010 al 2022, assestandosi a poco più di 8 milioni di apparecchi domestici. Dopo un significativo incremento delle vendite fino al 2013, il numero di apparecchi e caldaie venduti è calato drasticamente, con una parziale ripresa nel 2022 e un nuovo calo nel 2023, anno in cui le vendite, soprattutto di soluzioni a pellet, hanno toccato minimi storici.
Le ragioni di tale calo sono da ricercare nell’aumento del prezzo del pellet del 2022. Solo a partire dal 2023 sono emersi i primi segnali di un allentamento delle forti tensioni che hanno caratterizzato il settore europeo del pellet a uso domestico, con un ritorno del prezzo a livelli precedenti alla Guerra in Ucraina solo nel 2024. L’aumento repentino del prezzo del pellet ha avuto un effetto diretto non solo sulle vendite di apparecchi ma anche sui consumi, calati in un range compreso fra il 15% e il 25%, complice anche l’innalzamento dei gradi giorno, ossia il fatto che gli inverni sono progressivamente più miti.
Arpa Lombardia: 2023 anno migliore di sempre per la qualità dell’aria
L’effetto combinato della riduzione dei consumi di combustibili e del turnover tecnologico ha determinato un sensibile miglioramento della qualità dell’aria tanto che il 2023, in base ai dati di Arpa Lombardia [1], è risultato essere complessivamente il migliore anno da quando si compiono le rilevazioni. Se, come postulato nell’articolo del Corriere della Sera, vi fosse stato un aumento del consumo di pellet e di legna, si sarebbe dovuto assistere anche ad un significativo aumento delle emissioni di particolato, dato che non trova conferma nelle statistiche ufficiali.
Per quanto riguarda il PM10, in tutte le stazioni del territorio regionale è stato rispettato il valore limite sulla media annua di 40 μg/m3, con concentrazioni molto inferiori rispetto al 2022. Anche per il PM2.5 il dato conferma un’evidente riduzione delle concentrazioni all’interno di un trend in progressiva diminuzione e con dati che rispettano il limite normativo in tutti i capoluoghi di provincia. Il valore limite annuale pari a 25 μg/m3 è inoltre stato rispettato per la prima volta in tutte le stazioni di monitoraggio del programma di valutazione regionale.
Se il livello di tossicità del PM 2.5 misurato in atmosfera è peggiorato, a fronte di una riduzione della quantità di emissioni, sarebbe stato opportuno indagare dettagliatamente le cause reali di tale aumento di tossicità, senza basarsi su semplicistiche deduzioni e approssimazioni. Infatti, nell’articolo si afferma: “ciò non vuol dire che stufe e caminetti siano gli unici responsabili di un maggior livello di tossicità, a cui contribuiscono in maniera massiccia soprattutto i motori diesel”. Questi elementi, sicuramente non secondari per offrire un’informazione equilibrata e corretta, non sono però indagati in alcun modo nell’articolo. Tuttavia, il supposto ruolo del pellet viene rilanciato nel titolo, in modo dunque ingiustificato.
Stufe e caldaie moderne a pellet sono amiche della qualità dell’aria
Le moderne tecnologie a biomassa legnosa sono assolutamente compatibili con la necessità di miglioramento della qualità dell’aria sia in termini di quantità di particolato sia della sua qualità. È risaputo che combustioni inefficienti e incomplete in apparecchi obsoleti e/o mal gestiti che impiegano combustibili legnosi inadeguati generano un particolato particolarmente tossico rispetto al particolato inorganico emesso da moderni e performanti sistemi di riscaldamento come le moderne tecnologie.
Il particolato prodotto da una stufa tradizionale non funzionante correttamente (legna umida, combustione incompleta) ha una tossicità anche 100 volte superiore rispetto al particolato inorganico dei moderni sistemi di riscaldamento, fra cui le stufe a pellet. I moderni sistemi di riscaldamento a biomasse, in condizioni di funzionamento ottimale, producono un particolato inorganico che ha sulle cellule polmonari umane una tossicità da trascurabile a non rilevabile.
Povertà energetica: un fenomeno che può danneggiare la qualità dell’aria
Infine, un problema tuttora drammatico e tangibile, ma spesso dimenticato, che riguarda una parte consistente della popolazione nazionale è quello della povertà energetica. Nel nostro Paese, infatti, sono oltre 2 milioni le famiglie italiane in povertà energetica e circa 5 milioni di persone hanno difficoltà a riscaldare adeguatamente la propria abitazione [2]. Questo fenomeno potrebbe aver determinato l’aumento di un consumo sporadico di combustibili di qualità non adeguata come legna da ardere non correttamente stagionata in apparecchi domestici vetusti e probabilmente inutilizzati da tempo come camini aperti e stufe a legna.
Le statistiche ufficiali in Lombardia, per il momento, non supportano questa ipotesi né, tanto meno, quella che correla l’aumento della tossicità all’uso del pellet. Per avere un quadro più chiaro e scientificamente solido, è però necessario attendere i dati relativi alla tossicità del particolato che Arpa Lombardia è in procinto di pubblicare. Li studieremo con interesse.
[1] https://www.arpalombardia.it/agenda/notizie/2024/qualita-dell-aria-2023-l-anno-migliore-di-sempre/