Aree interne di Regione Toscana: AIEL audisce su legno ed energia

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La commissione Aree interne, presieduta da Marco Niccolai (Pd) ha tenuto lunedì 10 luglio un’audizione dell’Associazione italiana energie agroforestali (AIEL) sul tema delle potenzialità del legno dal punto di vista energetico, ambientale e occupazionale nelle aree interne della Toscana

La commissione Aree interne, presieduta da Marco Niccolai (Pd) ha tenuto lunedì 10 luglio un’audizione dell’Associazione italiana energie agroforestali (Aiel) sul tema “Le potenzialità del legno dal punto di vista energetico, ambientale e occupazionale nelle aree interne della Toscana”. Si è trattato, come ha spiegato il presidente Niccolai, di una prima “presa di contatto con la più importante associazione a livello nazionale per quanto riguarda la filiera del legno collegata all’energia, per avviare un dialogo che può essere di supporto a questa commissione sul tema, rilevante, sia per la questione dell’occupazione, sia per il modo in cui il patrimonio forestale possa dare un contributo all’economia montana”.

Per l’associazione è intervenuto Matteo Favero, responsabile dell’area biocombustibili e certificazioni di qualità, che ha portato i saluti del presidente Domenico Brugnoni e della direttrice generale Annalisa Paniz. “Aiel è un team di professionisti al servizio di imprese e privati – ha spiegato Favero – Dai produttori di biocombustibili legnosi (legna, cippato, pellet) ai produttori delle tecnologie per trasformare questi biocombustibili in calore ed energia (stufe, inserti camino, caldaie, gruppi di cogenerazione), Aiel conta 500 soci, di cui 150 produttori e distributori di legna da ardere, pellet e cippato; 60 costruttori di tecnologia (sistemi di riscaldamento e cogenerazione); 250 progettisti, installatori e manutentori. La filiera che Aiel rappresenta “conta oltre 14mila imprese, oltre 72mila occupati, per un fatturato complessivo stimato di 4miliardi di euro”. L’obiettivo che si pone è quello di garantire la corretta e sostenibile valorizzazione energetica delle biomasse agroforestali, in particolare i biocombustibili legnosi a tutti i livelli, dal bosco al camino.

Le biomasse impiegate nel riscaldamento residenziale (legna da ardere) sono già oggi la principale fonte energetica rinnovabile del nostro Paese, anche se questa è una consapevolezza poco diffusa. Sono utilizzate da un quarto delle famiglie italiane”, ha detto Favero. Potenziale strategico, qualità dell’aria, turnover tecnologico, connessione con i territori: questi gli aspetti affrontati da Aiel in commissione, nel giorno in cui il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha pubblicato sul sito Position Paper del Tavolo di Filiera Legno su “Gestione forestale e sostenibilità degli usi energetici delle biomasse forestali”, “di cui Aiel ha coordinato i lavori con un fitto insieme di stakeholder della filiera non solo bioenergetica”.

Il settore del riscaldamento è uno dei più difficili da decarbonizzare. Gli sforzi devono necessariamente essere maggiori – ha proseguito Favero –. Un contributo non trascurabile è dato dall’uso sostenibile dei combustibili legnosi. Per il 2030 è possibile puntare a un obiettivo di 16,5 Mtep (tonnellate equivalenti di petrolio) di energia termica prodotta dalla bioenergia pari a 146 gigawatt di potenza installata. In sostanza, sarebbe possibile sostituire circa 9miliardi di metri cubi di metano, circa il 20 per cento di quanto importiamo annualmente dalla Russia. Attualmente sono 7Mtep”. La questione che si pone immediatamente, ha proseguito Favero, è quella della qualità dell’aria: “Nel nostro Paese, in base a quanto ci dice Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr) negli ultimi trent’anni le emissioni di Co2 derivanti dal riscaldamento sono sostanzialmente stabili, pari, nel 2019, a circa a 81mila 500 chilotonnellate. L’età del parco installato ci dice che in Europa quasi un impianto su quattro è stato installato prima del 1992. In Italia, oltre il 20 per cento ha più di trent’anni. Sempre nel nostro Paese, i generatori a legna o pellet sono 9milioni, di cui il 66 per cento a legna. Sono 15milioni le tonnellate di biocombustibili legnosi consumate annualmente in Italia, in modo preponderante (11,7milioni) legna da ardere”. Poi c’è la questione dell’età degli impianti: “Iniziamo però anche a dire che la parte prevalente di emissione di Pm10 non viene da tutti gli apparecchi, ma da quelli datati e con processi di combustione superati. Il 70 per cento degli impianti installati ha più di dieci anni e contribuisce al 90 per cento del Pm10 da combustione domestica. Il processo di sviluppo tecnologico è stato epocale e le aziende italiane sono leader in questo settore, stanno puntando molto sulla ricerca e lo sviluppo per continuare ad abbassare i valori emissivi”.

Rottamazione dei vecchi impianti e scolarizzazione degli utenti con campagne di educazione” sono, secondo Aiel, le soluzioni da ricercare. “Gli incentivi, che si concentrano nelle Regioni del bacino padano, in abbinamento al conto termico (che incentiva interventi per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili per impianti di piccole dimensioni attraverso l’utilizzo di generatori tecnologicamente evoluti e avanzati, combustibili di qualità certificata e l’installazione e manutenzione fatta da professionisti qualificati) stanno dando risultati assolutamente concreti. Dal 2021 in poi sempre più Regioni hanno avviato politiche di incentivazione in abbinamento al conto termico e la Toscana si è dimostrata particolarmente virtuosa per quanto riguarda la tipologia di biocombustibili da utilizzare, favorendo lo sviluppo di filiere locali e trasparenti”.

Riguardo al territorio, ha aggiunto Favero, “le foreste italiane sono ben lontane dalla condizione di sovra-sfruttamento. Al contrario, soffrono di un cronico abbandono, che è causa di instabilità idrogeologica, perdita di valore ambientale e povertà economica. Nel complesso, in Italia, in cinquant’anni la copertura forestale è raddoppiata e tocca il 36 per cento della superficie nazionale e solo il 18 per cento della superficie forestale è soggetta a piani di gestione, il che significa mancata gestione e valorizzazione economica di un’ampia parte. L’effetto paradossale è che siamo particolarmente dipendenti dalle importazioni dall’estero per approvvigionamento di legname. Serve una gestione attiva del territorio, grazie all’integrazione del segmento bioenergetico con le pratiche agricole e forestali, ma anche con la produzione industriale, attraverso la valorizzazione dei residui e un utilizzo a cascata delle risorse forestali. L’uso sostenibile della risorsa legno può sostenere la crescita economica dei territori collocati nelle aree interne, in particolar modo dell’Appennino, anche per vocazione culturale”. Le ricadute occupazionali, secondo Aiel, “sono estremamente più alte rispetto a quelle dei combustibili fossili. Sono fondamentali comunicazione e controlli. Non c’è competizione tra la valorizzazione energetica dei biocombustibili legnosi e il tessuto industriale. Sarà fondamentale sostenere l’associazionismo forestale e gli accordi di foresta, nonché la pianificazione forestale. Gli strumenti per una selvicoltura responsabile ci sono, sono in grandissima parte già attuati, rimane aperta tuttavia la sfida relativa alla comprensione da parte dei cittadini e delle istituzioni riguardo all’importanza del presidio del territorio e delle attività selvicolturali, senza vedere in questo un male di natura ambientale”. Una questione che, a giudizio di Aiel, “riguarda anche le istituzioni. In Toscana si sono sviluppate anche incomprensioni, non ultimo il caso in cui viene contestata la mancanza di vasche di raccolta della lisciviazione delle acque dai cumuli di cippato, che non risultano costituire un problema di natura ambientale. Rimane aperta la sfida della leale collaborazione tra istituzioni: famoso il caso della Toscana per le autorizzazioni paesaggistiche e il dialogo con le sovrintendenze”.

L’intervento dell’Associazione ha lasciato impressioni favorevoli in molti commissari. “Illustrazione completa e puntuale su temi che affrontiamo regolarmente anche in questa commissione”, è la valutazione del consigliere Mario Puppa (Pd). “Ritengo importante che si sia riconosciuto come la Toscana sia all’avanguardia su tanti temi o comunque pronta a recepire le istanze di quel mondo. Si è parlato di informazione, scolarizzazione, educazione: mi permetto di aggiungere un elemento legato alla professione forestale, che è sempre meno ambita e rischia di mettere un freno all’opportunità di avere occupazione e presidio nei territori. Quest’anno abbiamo registrato un’aumentata richiesta di legna da ardere e c’è stata l’impossibilità di sfruttare al meglio questa possibilità per la difficoltà di reperire mano d’opera qualificata. Bisogna incentivare quelle professioni, che consentirebbero di avere un presidio su territori che si stanno popolando”.

Per la vicepresidente della commissione Luciana Bartolini (Lega), “il legno è così antico e così moderno e direi, a questo punto, vincente. In Toscana il legno l’abbiamo, è un discorso di sensibilizzazione, tanta gente confonde la selvicoltura col taglio indiscriminato dei boschi. La formazione occorre, si dovrebbero creare nuove figure professionali. Riguardo all’innovazione: in Toscana, quest’anno, non potuto accendere caminetti in tante zone, se erano vecchi. La Toscana aveva dato incentivi per cambiare, ma non credo siano stati utilizzati più di tanto, forse perché ci siamo trovati a ridosso del problema, mentre la cosa andrebbe programmata e strutturata in qualche modo. Da noi c’è un discorso di tante particelle e di tanti proprietari diversi, credo che anche questo sia un problema”.

Il consigliere Cristiano Benucci (Pd) ha chiesto se rispetto ai dati occupazionali si disponga di un dato riferito alla Toscana e ha osservato che “l’economia del bosco è parte dell’economia delle aree interne a pieno titolo. Fonte di lavoro e di materiali importanti per la vita quotidiana delle persone. Dobbiamo approcciarci con grande pragmatismo, senza pregiudizi come quelli di chi teorizza che il bosco non ha bisogno di essere curato, ma che debba autoregolarsi. Mantenere il bosco vuol dire riservargli una parte del territorio, renderlo fruibile, renderlo sicuro. Si tratta ora di consentire e incentivare l’economia del bosco, sfidando le opinioni che vanno più di moda. L’opinione pubblica spesso ha posizioni di iper salvaguardia ambientale, spesso dimenticando che accanto alla giusta preservazione del territorio, alla difesa dalle speculazioni e dallo sfruttamento, c’è l’esigenza di coniugare lavoro e mantenimento dell’ambiente. Alcune tra le più belle foreste della Toscana, le foreste casentinesi e la foresta di Vallombrosa sono opera dell’uomo. L’antropizzazione del bosco non ha portato disastri, speculazioni e distruzione ma ha portato anche al miglioramento del bosco. Il segmento di economia che sta accanto al bosco ha la dignità di dover vivere e di doversi sviluppare. Nelle periferie delle aree interne rappresenta l’unico sistema utilizzabile per il riscaldamento”.

“Il tema ci sta molto a cuore, ne parliamo continuamente – ha dichiarato in conclusione il presidente Marco Niccolai, rivolto ad Aiel –. Ci sono stati forniti elementi anche scientifici molto importanti e utili alle discussioni che faremo. Il lavoro della nostra commissione ne risulta arricchito. Non mancheranno le occasioni, nella diversità dei ruoli, per un lavoro comune. La filiera legno-energia può essere una modalità di rilancio della competitività delle aree interne e montane. Avremo la possibilità di incontrarci di nuovo, il vostro punto di vista è sicuramente utile”.

Questo articolo è stato pubblicato su inconsiglio.it