Cosa succede al mercato del pellet?

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Tensioni e scenari inattesi hanno colto impreparato il settore e l’intera catena produttiva.
Proviamo ad analizzare la situazione per capire cosa è effettivamente accaduto


A partire dall’autunno si è delineata una situazione di mercato totalmente diversa rispetto ai presupposti e alle aspettative di fine estate. Sono infatti emerse crescenti preoccupazioni e tensioni legate a difficoltà logistiche, rialzo
dei prezzi e insicurezza rispetto agli approvvigionamenti di pellet durante la stagione termica. Una situazione imprevedibile fino a poco tempo prima, risultato di una congiuntura in cui si sommano diversi fattori sfavorevoli. Se ne è discusso nello scorso mese di settembre durante un incontro organizzato dal Comitato operativo del Gruppo pellet, da cui sono emerse interessanti considerazioni.

Container introvabili

Le attuali e forti difficoltà legate alla disponibilità di container sono ben note agli operatori del mercato, criticità che si riflettono nelle tensioni dei trasporti marittimi e soprattutto delle importazioni da oltreoceano. Ad esempio, i rincari sulle forniture dal Brasile raggiungono e superano i 2.000 dollari/container, tant’è che qualche operatore prevede che possano aumentare le importazioni dai Paesi del Nord-Africa per compensare almeno parzialmente l’incapacità
di approvvigionarsi dal Brasile. Nondimeno, il problema investe anche le spedizioni marittime di pellet sfuso poiché il costo dei noli per le navi portarinfuse, utilizzabili per molteplici prodotti ma con una disponibilità complessiva sostanzialmente anelastica, è aumentato vertiginosamente. Pertanto, di fronte a un sensibile e generalizzato aumento della domanda di trasporto materiali è naturale che venga data priorità ai prodotti a più alta remunerazione e valore aggiunto rispetto al pellet.

Si prevede che le difficoltà legate alla disponibilità di container non si risolveranno nel breve periodo perché è coinvolta l’intera distribuzione mondiale di questi equipaggiamenti tecnici: è infatti impensabile che una compagnia possa movimentare navi di container vuoti per ricostituire le scorte sudamericane.

Si dovrà quindi necessariamente passare per una fase in cui il rialzo dei prezzi deprimerà la domanda, permettendo la progressiva ricostituzione delle disponibilità di container, solo a quel punto il costo dei noli marittimi potrà andare
incontro a una normalizzazione.

Logistica in difficoltà

Alle difficoltà logistiche marittime si aggiungono anche quelle legate ai trasporti su strada: la disponibilità di autotrasporti (e di autisti) sta diminuendo strutturalmente con prezzi in continuo rialzo. La situazione è aggravata sul piano internazionale dall’andamento della pandemia e da alcune normative sanitarie associate, ad esempio, alla recente introduzione dell’obbligo di green pass che ha creato alcune difficoltà a carico soprattutto degli autotrasportatori stranieri.

Segherie in affanno

Attualmente i prezzi del legname stanno scendendo dopo aver sperimentato un aumento vertiginoso (fino a +300%) che ha causato una diminuzione degli acquisti e degli ordinativi. Questo rallentamento ha comportato a cascata la riduzione dei livelli di produzione e quindi la diminuzione di materia prima disponibile per la produzione di pellet. Non è ancora chiaro se nel corso della stagione termica si registrerà una effettiva scarsità di materie prime; appare
tuttavia confermata la flessione negli ordinativi e sembra quindi realistico che possa registrarsi una complessiva diminuzione produttiva.

Peraltro, l’aumento del costo dei noli marittimi e le difficoltà logistiche legate alla scarsità di container hanno spinto alcuni grossi compratori extra-europei a non ritirare tempestivamente il legname già ordinato. Di conseguenza, le difficoltà di alcune grandi segherie extra-europee sarebbero legate anche a forti giacenze di magazzino che renderebbe ulteriormente difficoltosa la produzione da cui dipende la materia prima destinata a produrre pellet.
Quella delle segherie è quindi una condizioneche merita un attento monitoraggio internazionale e che dimostra quanto il pellet rappresenti un segmento di mercato situato “al termine” della filiera produttiva, con dinamiche ritardate rispetto a quelle del legname. Nel recente passato, infatti, il prezzo del pellet era ancora stabile o in leggera discesa quando quello del legname era in forte aumento; adesso – in seguito a una primavera che in Europa è stata particolarmente fredda – i prezzi del pellet sono decollati, mentre quelli del legname registrano una flessione.

Magazzini vuoti e rischio shortage

Le attuali disponibilità di materiale stoccato vengono valutate complessivamente scarse. Anche questa situazione è paradossale rispetto a quella che ha caratterizzato la prima fase dell’anno, quando sembrava che le disponibilità di materiale fossero ingenti e i magazzini pieni, con i rivenditori conseguentemente poco inclini ad acquistare anticipatamente il materiale, anche perché “abituati” alla relativa tranquillità degli ultimi anni. Alcuni operatori si spingono a ventilare l’ipotesi che, terminate le scorte di materiale attualmente disponibili, potrebbe di fatto interrompersi la capacità di effettuare nuove consegne nel corso della stagione termica. La preoccupazione principale riguarda l’eventualità che durante l’inverno i prezzi del pellet subiscano un’impennata fino ad arrivare a scenari di vera e propria mancanza di materiale: il cosiddetto shortage. Si tratta di notizie che serpeggiano e che potrebbero causare una frenata nelle vendite o nell’utilizzo di apparecchi domestici e generatori a pellet, con conseguenti e inevitabili riflessi negativi sull’intero mercato in un’ottica di mediolungo termine. Va in ogni caso considerato che quasi ogni anno le voci di possibili shortage si rincorrono principalmente a scopo commerciale e che negli ultimi 15 anni questo scenario non si è mai realmente verificato, poiché di volta in volta sono emersi nuovi canali di approvvigionamento e fornitura. Ciononostante, la preoccupazione legata alla situazione attuale rimane elevata perché fin dal mese di luglio le consegne sono state inferiori alle attese e gli stock sono complessivamente scarsi. Paradossalmente, gli operatori si augurano che l’inverno non si riveli troppo rigido.

Manca una visione

La situazione attuale rivela la strutturale mancanza di convergenza tra le sensibilità dei diversi operatori del mercato italiano. Al manifestarsi delle forti tensioni internazionali sarebbe stato auspicabile un primo aumento dei prezzi dell’offerta, tale da deprimere parzialmente la domanda. Nel frattempo, avrebbero potuto essere valutate le reali capacità produttive delle segherie e, a fronte di una progressiva riduzione delle tensioni internazionali, il mercato del pellet avrebbe potuto riposizionarsi adeguatamente. L’aumento dei prezzi avrebbe peraltro reso più appetibile il mercato italiano rispetto a quelli esteri meno competitivi, rendendo quindi disponibili maggiori quantità di materiale a livello nazionale.

Situazione complessa

È noto che i rivenditori tradizionali comprano prevalentemente durante l’estate (mercato prestagionale), mentre la Grande distribuzione gioca un ruolo importante soprattutto nel corso dell’inverno, sebbene sigli i contratti di fornitura principalmente tra aprile e giugno, quando cioè le attuali tensioni non erano all’orizzonte. Di conseguenza, le aziende che attualmente hanno a magazzino materiale non ancora gravato da impegni commerciali potranno ottenere marginalità sicuramente interessanti. Diversamente, si troveranno maggiormente in difficoltà le aziende che non si rivolgono direttamente al consumatore finale e che hanno materiale stoccato già opzionato da impegni assunti in precedenza. Tuttavia, purtroppo, anche le circostanze di mercato più favorevoli potrebbero non tradursi automaticamente in un incremento della redditività dei produttori perché il costo delle materie prime e dell’energia stanno subendo incrementi importanti e, com’è noto, la produzione di pellet è un processo energivoro. In questo panorama, l’aumento del costo dell’energia sarà quindi gravoso rispetto alla produzione di pellet.

Il ruolo delle fonti fossili

Non è trascurabile che i governi nazionali inizino a parlare di sostenibilità economica della transizione energetica ed ecologica. Infatti, i grandi player del gas naturale (la Russia su tutti) sono consapevoli che nei prossimi anni potranno influenzare in modo importante il mercato energetico europeo perché, di fatto, le alternative immediate sono scarse. Pertanto, nel breve periodo potremo assistere a tentativi rilevanti di ostacolare la transizione ecologica: per sviluppare la produzione energetica rinnovabile ci vorranno grandi investimenti ed è ragionevole attendersi che il settore delle fonti fossili cercherà di drenare quel tipo di risorse.

Basti infatti pensare a cos’è avvenuto recentemente in Italia con lo stanziamento di oltre 4 miliardi di euro destinati a calmierare il prezzo del gas per un solo trimestre. È quindi possibile che nei prossimi anni l’aumento dei costi energetici si rivelerà strutturale, con i Paesi fornitori di gas naturale pronti a ridurre i volumi delle forniture all’Europa per mantenere alti i prezzi. È questa la sfida che il mercato del pellet dovrà raccogliere per riuscire a fare la propria parte e sostenere al meglio il processo di decarbonizzazione dell’economia continentale.