Energia dal bosco: presidio del territorio, occupazione e indipendenza energetica

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L’Italia è ricca di esempi virtuosi, dove dalla buona gestione forestale si producono manufatti durevoli in legno dai cui scarti di lavorazione si ottengono biocombustibili legnosi da destinare alla valorizzazione energetica con tecnologie avanzate e non inquinanti

Nella giornata di mercoledì 14 settembre il Parlamento Europeo ha approvato due dossier chiave per il settore delle bioenergie: la Direttiva sull’Efficienza Energetica (EED) e la Direttiva sulle Energie Rinnovabili (RED).

Nel tentativo di aumentare ulteriormente le ambizioni energetiche e climatiche europee, il Parlamento ha innalzato al 45% la quota obiettivo di FER da raggiungere entro il 2030. Affinché questo nuovo obiettivo sia realistico, una corretta valorizzazione energetica delle biomasse è fondamentale.

La decisione del Parlamento di continuare a contare tutta la biomassa per l’energia, compresa la biomassa legnosa primaria, nell’obiettivo della spinta alle energie rinnovabili è certamente positiva, ma restano alcune criticità che stanno gravando sulla competitività del settore, soprattutto se analizziamo il contesto italiano.

La filiera bosco-legno-energia in Italia

La filiera bosco-legno-energia, rappresentata in Italia da Aiel, associazione che da oltre venti anni si occupa di promuovere la corretta e sostenibile valorizzazione energetica della biomassa di origine forestale, conta un comparto solido con un valore di fatturato di oltre 4 miliardi di euro, una importante quota di export e circa 72 mila occupati in 14 mila imprese.

L’Italia è ricca di esempi virtuosi, dove la buona gestione forestale, pianificata e molto spesso certificata, realizzata per produrre manufatti durevoli in legno, garantisce di valorizzare energeticamente gli scarti di produzione e la biomassa legnosa che altrimenti non avrebbe altra destinazione, attraverso filiere corte e locali, e sistemi di conversione energetica altamente tecnologici e non inquinanti, in cui le filiere per il legname da opera si integrano perfettamente con quelle del legno energia.

La filiera del legno e l’uso a cascata

L’uso a cascata del legno sancisce il principio per cui il materiale legnoso di alta qualità, con un valore economico più elevato, deve essere impiegato nella produzione di legname e destinato a creare prodotti durevoli, mentre solo il materiale di qualità più bassa va utilizzato per scopi energetici.  Questa “cascata economica” garantisce che solo i residui dell’industria del legno che non hanno altre possibili destinazioni siano utilizzati a fini energetici valorizzando tutti gli assortimenti e le destinazioni d’uso ottenibili dalle piante. Affermare che i tronchi vengano utilizzati in maniera indiscriminata è un errore.

Infografica tratta da Il Libro Verde dell’Energia dal Legno

Nel nostro Paese, non sempre questo modello è possibile, a causa della presenza limitata di un anello fondamentale delle utilizzazioni forestali: l’industria di prima lavorazione del legno e le segherie. La conseguenza è che nei boschi italiani gli utilizzi rimangono limitati rispetto alla materia prima disponibile: si taglia sempre meno legname destinato alla trasformazione in prodotti ad elevato valore aggiunto (edilizia, arredamento), compensando il bisogno dell’industria con una forte importazione.

Quindi, a fronte di comparti industriali solidi e competitivi su scala internazionale, la domanda di materie prime e semilavorati in legno non viene soddisfatta, se non in maniera parziale, dalle risorse forestali nazionali: l’80% del fabbisogno nazionale di legno è di origine estera, con una bilancia commerciale negativa, sia per il legno grezzo, che per i semilavorati.

Il paradosso e il necessario cambio di paradigma

La dipendenza dell’estero del settore del legno è un paradosso se si considera che l’Italia è il secondo paese in Europa per copertura forestale, oltre il 36% del territorio. A causa della mancanza di alcuni anelli della filiera, nel nostro Paese si utilizza non più di un terzo dell’incremento annuo, a fronte di una media europea di oltre il 70%.

Inoltre, in base ai dati pubblicati dall’Inventario Nazionale delle Foreste e del Carbonio, al 2015 “sul 37,4% della superficie del bosco non si registra alcun intervento di natura selvicolturale”, prova del grave fenomeno di abbandono gestionale in cui versano le foreste italiane.   È necessario cambiare questo paradigma e valorizzare al meglio il soprassuolo forestale adottando politiche ed iniziative a sostegno di tutta la filiera, compresa quella del legno-energia capace di contribuire alla crisi energetica in atto.

La Strategia Forestale Nazionale recentemente pubblicata stabilisce di arrivare al 30% di superficie pianificata, contro l’attuale 15%, il che permetterebbe di rendere disponibile più legno di alta qualità per costruzioni e arredo e far crescere la quota interna di scarti e sottoprodotti per produrre pellet, cippato e legna da ardere. 

Fare squadra per valorizzare l’economia circolare del legno

Un primo passo verso una economia circolare nazionale del legno più efficiente è avvenuto in occasione della Fiera Progetto Fuoco. Nel corso di un evento organizzato e promosso da Aiel, il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e i principali operatori economici della filiera foresta legno e le organizzazioni di settore si sono confrontati su politiche di sistema e valorizzazione del patrimonio forestale e boschivo italiano con l’obiettivo di garantire la multifunzionalità delle foreste e coordinare le filiere dei prodotti legnosi.

Ciclo del carbonio

Le biomasse legnose sono oggi la principale fonte energetica rinnovabile e carbon neutral del Paese e, nell’ambito di un intelligente mix energetico rinnovabile, giocano un ruolo cruciale nello sviluppo di un’economia sostenibile e pulita, contribuendo all’indipendenza energetica dell’Italia dalle fonti fossili.

La valorizzazione energetica delle biomasse forestali comporta l’emissione di CO2, riconducibile alla composizione chimica del legno stesso, ma è fondamentale distinguere l’origine del carbonio legato all’uso delle biomasse e l’origine del carbonio rilasciato dalle fonti fossili.

La combustione di fonti fossili rilascia carbonio stoccato (immobilizzato) nel sottosuolo da milioni di anni (carbonio non biogenico), risultando in una immissione netta in atmosfera ad opera dell’uomo; la combustione di biomassa legnosa comporta l’emissione di carbonio “biogenico”, riconducibile a un ciclo chiuso, breve e naturalmente in atto.

In Italia, in 10 anni la quantità di anidride carbonica assorbita dai boschi italiani è aumentata di ben 290 milioni di tonnellate, e la quantità di carbonio organico stoccata nei boschi italiani – quindi sottratta stabilmente all’atmosfera – è passata da 490 a 569 milioni di tonnellate.

Il momento storico che tutta Europa sta attraversando, con una crisi economica ed energetica senza precedenti, impone lungimiranza nelle scelte e una pianificazione accorta delle future politiche.

L’economia forestale può rappresentare un asset strategico per l’Italia e un suo rilancio potrà rendere il Paese più indipendente sia nell’industria della prima lavorazione del legno sia nella filiera energetica, valorizzando il territorio e creando posti di lavoro.