Il D.lgs. 199/2021 richiede che i biocombustibili forestali rispettino criteri di sostenibilità, recepiti dal DM 7 agosto 2024 e dal Regolamento UE 2022/2448. Il MASAF ha chiarito che le norme italiane già garantiscono tale sostenibilità, rendendo superflua la verifica a livello di singola area. La documentazione esistente su tracciabilità e gestione forestale resta valida anche dopo il periodo transitorio, salvo obbligo di certificazione di parte terza
L’articolo 42 del D.lgs. D.lgs. 199/2021 dispone, ai commi 10 e 11, che “a decorrere dall’adozione di appositi atti di esecuzione della Commissione europea” i biocombustibili ottenuti da biomassa forestale debbano soddisfare un insieme di criteri volti a minimizzare il rischio di utilizzare biomassa forestale d’origine non sostenibile, e ad assicurare che le emissioni carboniche legate alla destinazione d’uso dei suoli e alla silvicoltura (land-use, land-use change and forestry, LULUCF) non superino i relativi assorbimenti.
Tale disposizione viene poi richiamata dall’art. 9 (Dichiarazione di sostenibilità e certificato di sostenibilità) del Decreto 7 agosto 2024 che istituisce il sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocombustibili (cosiddetto “DM Sostenibilità”).
Reg. UE 2022/2448: dimostrare la sostenibilità
La Commissione europea ha poi effettivamente adottato il Regolamento di esecuzione (UE) 2022/2448 che stabilisce orientamenti operativi relativi ai metodi di dimostrazione del rispetto dei criteri di sostenibilità per la biomassa forestale stabiliti dall’articolo 29 della Direttiva (UE) 2018/2001 (cioè la RED II). Tali criteri sono peraltro i medesimi, richiamati dal già citato D.lgs. 199/2021.
In sostanza, il Regolamento di esecuzione (UE) 2022/2448 stabilisce che, laddove non vi siano sufficienti evidenze che dimostrano la sostenibilità delle normative e delle operazioni forestali a livello nazionale o regionale, gli operatori sono obbligati a valutarne e dimostrarne la sostenibilità a livello di singola area di approvvigionamento.
La selvicoltura italiana è sostenibile
In proposito, la Direzione generale dell’economia montana e delle foreste (DIFOR) del MASAF è intervenuta il 13 maggio 2024 con una Nota (prot. n. 0212408) indirizzata alle principali Associazioni forestali, indicando quanto segue:
In merito al requisito della dichiarazione di sostenibilità richiesta per i materiali legnosi utilizzati a scopo energetico, si fa presente che il D.lgs. 34 del 2018 (Testo unico delle foreste e delle filiere forestali, di seguito TUFF), ha ricondotto, come norma quadro, tutte le leggi e i regolamenti forestali regionali (competenti fino dal 1977 in tale materia) in una cornice di sostenibilità, grazie al rispetto della vincolistica italiana gravante sui boschi sia dal punto di vista paesaggistico (D.lgs. 42 del 2004) sia dal punto di vista idrogeologico (R.D. 3267 del 1923, e relativi recepimenti regionali).
Stanti tali disposizioni, previgenti al TUFF, la trasformazione di bosco in altra tipologia di uso del suolo è sempre vietata, a meno di una preventiva autorizzazione paesaggistica rilasciata dopo procedura estesa, che comporta, in caso di rilascio, l’obbligo di una compensazione forestale con impianto di nuovi boschi o miglioramento di boschi esistenti (cfr. art 8 TUFF). Inoltre, tutte le leggi e i regolamenti forestali recepiscono ed articolano le disposizioni del R.D. 3267/1923, secondo le quali i tagli piante devono rilasciare in bosco contingenti specificati di alberi di altofusto o ceppaie di boschi cedui a garanzia della ripartenza del bosco e del mantenimento della sua funzione regimante ed antierosiva.
In aggiunta a tali disposizioni, il precitato TUFF, cui il MASE ha rilasciato l’intesa, ha comunque disposto che, in ogni caso, le Regioni definiscano ed attuino “le pratiche selvicolturali più idonee al trattamento del bosco, alle necessità di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del suolo, alle esigenze socio-economiche locali, alle produzioni legnose e non legnose” (art. 7, comma 3 TUFF) “coerentemente con le specifiche misure di conservazione di habitat e specie di interesse europeo e nazionale” (art. 7, comma 4 TUFF) e nel rispetto di alcuni divieti validi per tutte le Regioni (art. 7, comma 5), tra i quali il divieto di taglio raso e la conversione da fustaia a ceduo.
In alternativa all’autorizzazione rilasciata dalle Regioni, i materiali legnosi in alcuni casi (ma solo nel 15% delle superfici forestali, secondo i più recenti dati inventariali) possono provenire dall’attuazione di piani di gestione forestale o strumenti equivalenti, definiti quali “strumenti indispensabili per garantire la tutela, la valorizzazione e la gestione attiva delle risorse forestali” (art. 6, comma 6 TUFF). Le attività di pianificazione sono strettamente dettagliate dal DM 28.10.2021 (in Gazzetta Ufficiale n. 289 del 4.12.2021) e valgono anche per aree assimilate a bosco secondo i criteri di cui all’art. 4 TUFF.
Di conseguenza, se è dimostrato che il materiale legnoso adibito a scopo energetico proviene da tagli piante regolarmente autorizzati dalle norme regionali, dai piani di assestamento comunque denominati o nel rispetto delle vigenti misure di conservazione, questo deve essere considerato come “sostenibile” anche per gli effetti applicativi della Direttiva in parola [RED II].
Di conseguenza, non è necessario che gli operatori forestali italiani valutino e dimostrino la sostenibilità dei propri singoli interventi selvicolturali quando questi siano eseguiti in conformità alle disposizioni di legge nazionali e regionali vigenti, perché la Nota ministeriale chiarisce come tali interventi debbano ritenersi sempre e comunque sostenibili.
La gestione delle eccezioni
Potrebbero tuttavia verificarsi alcuni casi, sporadici e marginali, in cui gli interventi selvicolturali, pur ammessi ai sensi di legge, sfuggono alle autorizzazioni e alla pianificazione regionali. In particolare, questo potrebbe avvenire per superfici di taglio tanto piccole da essere inferiori a quelle oltre cui scatta l’obbligo di comunicazione e/o autorizzazione (comunque definita) al taglio.
In questi casi, ai fini della certificazione di sostenibilità di parte terza, gli operatori della filiera forestale potrebbero adottare una breve check-list che dimostri come essi abbiano tenuto in debita considerazione le disposizioni del Regolamento di esecuzione (UE) 2022/2448, considerando comunque che anche i più piccoli interventi di taglio sono inquadrabili nell’ambito di normative forestali che rispettano le indicazioni-quadro e la cornice di sostenibilità data dalla normativa nazionale.
Più di recente, con Nota del 01 aprile 2025 (prot. n. 0152573), la Direzione Foreste del MASAF ha offerto alcuni chiarimenti relativi alle autodichiarazioni del produttore per la certificazione della sostenibilità delle biomasse solide a seguito delle richieste presentate al Tavolo Tecnico Operativo.
In quel contesto, le Associazioni della filiera energetica avevano chiesto che fosse chiarito se le disposizioni previgenti sulla tracciabilità e rintracciabilità della biomassa legnosa riconducibili al DM 2 marzo 2010 fossero già sufficienti a dimostrare la conformità con i requisiti di sostenibilità della RED II. In altre parole, le Associazioni di settore hanno chiesto al MASAF di chiarire se ci fosse o meno “qualcosa di nuovo” rispetto alle pratiche già consolidate e adottate dal settore.
In proposito, il MASAF ha osservato che:
La documentazione comprovante la tracciabilità e rintracciabilità della biomassa legnosa utilizzata ai sensi del DM 2 marzo 2010, per il periodo transitorio, appare idonea ad attestare il rispetto di quanto previsto dai commi dal 7 all’11 dell’art. 42, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.199.
Parimenti, in ambito forestale la documentazione connessa a quanto previsto dal D.lgs. 34 del 2018 Testo unico delle foreste e delle filiere forestali (TUFF) o al sistema di dovuta diligenza ai sensi del Regolamento (UE) 995/2010 e del Regolamento (UE) 2023/1115 (EUDR) può assolvere alle medesime finalità.
Il MASAF ha quindi chiarito che la documentazione valida per le autodichiarazioni di sostenibilità dei produttori elettrici, ancora ammesse nel periodo transitorio, sarà idonea a dare evidenza del rispetto dei requisiti di sostenibilità anche al termine del periodo transitorio – fatto salvo l’obbligo di certificazione di parte terza.
Non è invece convincente l’interpretazione secondo cui le indicazioni della Nota ministeriale si limiterebbero al solo periodo transitorio, sia in base della già citata Nota sulla cornice di sostenibilità garantita dal TUFF, sia in considerazione delle richieste di chiarimento pervenute al Tavolo tecnico-operativo del MASAF, sia alla luce dell’articolo 21 (Norme transitorie) del DM Sostenibilità, che già chiaramente ammetteva tale documentazione nell’ambito del periodo transitorio.
Il ruolo di AIEL-Associazione Italiana Energie Agroforestali
In questo contesto ancora caratterizzato da incertezze attuative e forte dinamicità interpretativa, il Gruppo Biomasse di AIEL accoglie e supporta le aziende della filiera legno-energia che desiderano seguire con attenzione le evoluzioni della disciplina legata al “Decreto Sostenibilità”. Tra le altre cose, AIEL ha siglato una convenzione-quadro con un Organismo di certificazione accreditato, che permette alle aziende associate di aderire allo schema nazionale (o a schemi volontari) a condizioni vantaggiose.
Maggiori informazioni sull’adesione al Gruppo Biomasse sono disponibili in questo articolo.
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