Il Consiglio di Stato ha stabilito che gli scarti legnosi dell’industria del mobile possono essere considerati biomassa incentivabile ai fini della produzione elettrica, se biodegradabili e non contaminati. La sentenza supera l’interpretazione restrittiva del Ministero e favorisce l’uso di residui locali, rafforzando filiera corta e circolarità
Una recente sentenza del Consiglio di Stato chiarisce definitivamente un punto rimasto a lungo controverso: i residui legnosi dell’industria del mobile possono essere considerati biomassa incentivabile per la produzione elettrica, a condizione che rispettino i requisiti ambientali previsti dal d.lgs. 152/2006.
La decisione (Sez. VI, n. 9238/2025) nasce dal ricorso della Compagnia Energetica Bellunese, proprietaria di un impianto a biomasse da filiera corta. Il Ministero dell’Agricoltura aveva escluso, in più occasioni, l’ammissibilità degli scarti forniti da importanti aziende del mobile, sostenendo che non rientrassero nella definizione di biomassa del D.M. 2 marzo 2010. Tale interpretazione, confermata inizialmente dal TAR Lazio, distingueva i residui di mobilificio dai materiali “vergini” provenienti da segherie.
Il Consiglio di Stato ha però ribaltato questa impostazione, basandosi sul testo stesso del D.M. 2010, che include tra le biomasse la parte biodegradabile di prodotti, rifiuti e residui “delle industrie connesse all’agricoltura e alla silvicoltura”. Secondo i giudici, i mobilifici rientrano pienamente in questa categoria, poiché utilizzano legno proveniente da attività forestali. Inoltre, né il decreto né il d.lgs. 152/2006 impongono un riferimento esclusivo al “legno vergine”: ciò che conta è l’assenza di contaminazioni e la biodegradabilità del materiale.
I giudici definiscono quindi l’esclusione del Ministero come un “eccesso di potere”, poiché non supportata da verifiche tecniche e contraria allo spirito della normativa, orientata a favorire l’uso di materiali rinnovabili e locali.
Resta fermo che, per essere considerati biomassa incentivabile, gli scarti legnosi devono:
- non contenere vernici, solventi o colle di origine chimica;
- rispettare i criteri dell’art. 237-ter del d.lgs. 152/2006;
- essere documentati secondo l’allegato I del D.M. 2010;
- provenire da un raggio massimo di 70 km (filiera corta).
La sentenza rappresenta un punto di svolta per molti impianti che, negli anni, hanno dovuto rinunciare a scarti locali perfettamente idonei, con conseguenze economiche e operative. Ora potrebbe aprirsi una fase più coerente con gli obiettivi di circolarità del settore legno-arredo, ampliando la disponibilità di biomassa di prossimità e migliorando la sostenibilità complessiva degli impianti.

