Respinto l’emendamento sui sottoprodotti al DL Ambiente. La delusione delle filiere agricola, forestale ed energetica

Respinto l’emendamento sui sottoprodotti
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L’emendamento puntava a risolvere un’incertezza normativa di ostacolo alla valorizzazione energetica dei residui del verde urbano, promuovendo un approccio di economia circolare. Un’occasione persa per la filiera economica del legno-energia, per le Amministrazioni pubbliche e per i cittadini

Delusione e amarezza, ma anche profonda preoccupazione, sono le reazioni da parte di AIEL, CIA, EBS, FIPER e UNCEM alla notizia della bocciatura dell’emendamento al DL Ambiente sul tema dei sottoprodotti, che era stato presentato da ben 7 senatori rappresentanti partiti di tutto l’arco parlamentare (FdI, FI, Aut, PD, Lega, M5S, IV).

Respinto l’emendamento sui sottoprodotti

Infatti, in un’ottica di economia circolare e di promozione delle fonti rinnovabili di energia, l’emendamento introduceva la possibilità di applicare la qualifica di sottoprodotti anche ai residui derivanti da attività di cura del verde e gestione forestale, dei residui derivanti da attività di manutenzione e servizio, nonché dei prodotti agricoli o alimentari invenduti in quanto non più destinati al mercato o al consumo umano e che vengano impiegati in altri cicli produttivi, come ad esempio, l’impiego energetico, senza alcun rischio ambientale o sanitario, rimarcando comunque la qualifica di rifiuto per tutti i residui delle attività di sfalcio e potatura che risultino contaminati da materiali misti o che necessitino di operazioni di cernita prima del loro impiego.

L’emendamento avrebbe fatto chiarezza e messo fine ad una situazione di incertezza normativa che mina alla base la possibilità di approvvigionamento di biomasse per il settore dell’energia, trasforma un sottoprodotto in rifiuto (con il relativo costo di smaltimento), influisce negativamente sul mercato dei prezzi della biomassa e rappresenta al contempo una contraddizione alla direttiva europea che spinge verso l’aumento dell’impiego di energia da fonti rinnovabili e la promozione dell’economia circolare.

Stupisce che un emendamento, proposto da 17 senatori rappresentanti di forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione, a conferma del sostegno trasversale alle istanze del settore, non abbia avuto riscosso il parere positivo del Ministero dell’Ambiente vero e unico artefice di questa mancata volontà di promuovere fattivamente l’economia circolare.

Questo emendamento rappresentava un’opportunità unica per coniugare sviluppo economico, sostenibilità ambientale e sicurezza del territorio, invece si è rivelata un’occasione persa per tutti: per le imprese della filiera legno-energia che non potranno più approvvigionarsi di questi residui per la produzione di energia rinnovabile vedendo sfumare un possibile guadagno di circa 45 milioni di euro, per i Comuni che non potranno più contare su questa filiera per svolgere un servizio di manutenzione e presidio del territori, quali la manutenzione del verde urbano ma anche la gestione degli alvei fluviali e la raccolta del legname fluitato, a costo zero o, in taluni casi, con un’importante voce di ricavo e che anzi si troveranno ad affrontare un costo stimato tra 150 e 180 milioni di euro per il loro smaltimento, e infine per i cittadini che dovranno pagare una TARI maggiorata».

Ma non è tutto, il mancato riconoscimento del “servizio” inteso come risultato di un processo di produzione, va inficiare molti altri settori, tra cui in primis, l’edilizia, il tessile e anche la definizione del calore di scarto rinnovabile per le multiutility.